Medaglia d’ oro al valore militare. Ordinato nel 1937, don Giuseppe Morosini divenne, nel gennaio del 1941, cappellano militare del 4° Reggimento d’artiglieria a Laurana. Trasferito a Roma nel 1943, dopo l’8 settembre entrò nelle file della Resistenza collegandosi con la banda “Mosconi” operante a Monte Mario. Ne divenne assistente spirituale, ma si adoperò anche per procurare armi e vettovagliamenti e, soprattutto, ottenere informazioni. Da un ufficiale della Wehrmacht, riuscì addirittura ad ottenere una copia del piano operativo delle forze tedesche schierate sul fronte di Cassino, che trasmise agli Alleati. Denunciato da un delatore, certo Dante Bruna, che ottenne in compenso 70 mila lire, don Giuseppe fu arrestato dalla Gestapo il 4 gennaio del 1944. Sottoposto a tortura, mantenne un orgoglioso contegno. Condannato a morte e ristretto a “Regina Coeli” nell’ attesa dell’esecuzione, si prodigò per sostenere i compagni di carcere e gli ebrei che vi erano rinchiusi. Il 3 aprile 1944 il valoroso sacerdote fu trasportato a forte Bravetta per esservi fucilato da un plotone della PAI (Polizia Africa Italiana); all’ordine di “fuoco!”, 10 componenti del plotone (su 12) spararono in aria. Ferito dai colpi degli altri, don Giuseppe Morosini fu ucciso dall’ufficiale fascista che comandava l’esecuzione con due colpi di pistola alla nuca Motivazione: Sacerdote di alti sensi patriottici, svolgeva, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, opera di ardente apostolato fra i militari sbandati, attraendoli nella banda di cui era cappellano. Assolveva delicate missioni segrete, provvedendo altresì all’acquisto ed alla custodia di armi. Denunciato ed arrestato, nel corso di lunghi estenuanti interrogatori respingeva con fierezza le lusinghe e le minacce dirette a fargli rivelare i segreti della resistenza. Celebrato con calma sublime il divino sacrificio, offriva il giovane petto alla morte. Luminosa figura di soldato di Cristo e della Patria (Roma, 8 settembre 1943 -3 aprile 1944).